Le imprese oggi hanno bisogno di più Pensiero Laterale. Per gestire il cambiamento, diventare ferocemente innovative e scardinare l’antico canovaccio del “abbiamo sempre fatto così”.
Molte volte mi sono imbattuto in realtà organizzative che considerano il “Pensiero Laterale” come una sorta di gioco che può essere buono per allenare la mente, fare un po’ di problem solving teorico, ma poco adatto a essere incarnato in processi di analisi di un problema, di un fenomeno o di qualsiasi criticità che possa riguardare il nostro modo di operare all’interno dell’azienda.
Ed è qui che giace l’errore.
Il Pensiero Laterale non rappresenta semplicemente una tecnica di esame di un problema in un contesto teso alla sua risoluzione. Non è fatto di numeri e grafici da soli. È innanzitutto un modo di porsi e di approcciare in modo sistemico e coordinato ciò che abbiamo davanti, applicando regole che ci appaiono distonanti, perché attengono a quella parte del nostro pensiero che è divergente, connessa con quella sezione del nostro cervello così poco gestita, che dà spazio alla creatività, all’analogia, a collegamenti mentali che non appartengono al meccanicismo deterministico del tipo causa-effetto. Tutta la neuroscienza è dalla nostra parte…
Le logiche di principio che contraddistinguono il Pensiero Laterale sono essenzialmente tre:
- Cambiamento di prospettiva. Guardare la stessa cosa che guardano tutti ma pensare a qualcosa di diverso
- Azzeramento dei vincoli. Produrre nuove idee abbandonando la memoria delle tracce mentali personali e rinunciare al comodo richiamo di strutture preregistrate e precostituite
- Pensare per analogie. Abbandonare il processo logico che lega cause ed effetti secondo rigorose relazioni lineari, e andarsene a spasso per l’universo delle possibilità in cerca di somiglianze. È un modo di pensare potente e fluido e può aprire nuove strade. È anche un modo di pensare fertile: molte intuizioni scientifiche, tecnologiche e imprenditoriali nascono da analogie
Basti pensare ad esempio che:
- Alfonso Bialetti concepì la Moka guardando la moglie fare il bucato (al tempo si usava un pentolone con un tubo per far uscire l’acqua in ebollizione per poi scendere spargendosi sui panni)
- La Ford, agli inizi del secolo scorso, ha sviluppato l’idea della catena di montaggio del Modello T a partire dalla visita a un mattatoio di Chicago, in cui le carcasse degli animali (roba pesante quanto la carrozzeria di un’auto) vengono movimentate grazie a carrelli sopraelevati
- Steve Jobs immaginò lo schermo di un computer come una “scrivania” (desktop): un’analogia che oggi ci sembra ovvia, ma che ai tempi non lo era.
La creatività è una dimensione del normale funzionamento cognitivo, è una caratteristica del pensiero ed è patrimonio di ogni individuo. La capacità di produrre pensiero creativo è una metacompetenza, cioè un’abilità trasversale ai diversi campi della conoscenza.
L’innovazione è un fenomeno economico e sociale. Coinvolge la collettività. Chiede investimenti, infrastrutture, politiche dedicate. E il coraggio di rischiare. Ha una fortissima componente progettuale, può essere pianificata ed è frutto di una specifica strategia imprenditoriale.
La creatività è un fatto mentale e individuale. Riguarda i singoli, o gruppi di singoli che cooperano. Chiede flessibilità, competenze, talento, focalizzazione. E una tenacia fuori dal comune. È per molti versi incontrollabile e dipende anche dal caso. La si può favorire ma non pianificare.
Il Pensiero Laterale può rappresentare, in innumerevoli situazioni, l’approccio corretto per entrare nei problemi e mutarne le prospettive, trovando strade che a un primo sguardo appaiono impossibili.