Efficienza energetica italiana: il Report 2017

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L'”Energy Efficiency Report 2017″ dell’Energy&Strategy Group del POLIMI conferma che anno dopo anno gli interventi di efficienza energetica stanno gradualmente assumendo un ruolo strategico per lo sviluppo delle imprese e che i titoli di efficienza energetica (TEE) hanno avuto un impatto molto forte nella diffusione della cultura dell’efficienza nel tessuto industriale.


Il giorno successivo alla presentazione del Rapporto ENEA che fornisce il quadro e l’evoluzione dello stato dell’efficienza energetica a livello nazionale, approfondendo i risultati delle politiche e delle misure attuate a livello nazionale, l’Energy&Strategy Group della School of Management del Politecnico di Milano ha presentato il 12 luglio 2017 a Milano nel corso del Convegno “La Filiera dell’Efficienza Energetica in Italia” ha presentato il 12 luglio 2017 a Milano l'”Energy Efficiency Report 2017″ che ha l’obiettivo di fare chiarezza sul concetto di efficienza energetica degli edifici, siano essi residenziali o commerciali, e di comprendere le dinamiche imprenditoriali e di mercato, ma anche tecnologiche e normative, che ad esso sono legate.

Ne emerge che nel 2016 il totale degli investimenti in efficienza energetica realizzati in Italia è stato pari a 6,13 miliardi di euro, mantenendo il trend positivo degli ultimi 5 anni con un tasso di crescita composto (CAGR) del 12,5%, con il l segmento residenziale che continua a guidare la classifica (con ben il 53% del totale), seguito dal comparto industriale (nel complesso circa 2 miliardi di euro, poco meno del 33%) e buon ultimo dal terziario (GDO, alberghi e tutti gli edifici ad uso uffici), che ha rappresentato il 14% del totale degli investimenti (800 milioni), con una crescita di 3 punti percentuali, ma il volume di affari annuo potrebbe arrivare nel prossimo quinquennio a 8-10 miliardi annui.
“Questa vivacità si è tradotta in una crescita importante del livello di maturità della filiera dell’efficienza energetica – ha commentato Vittorio Chiesa Direttore dell’E&S Group della School of Management del POLIMI – Il numero di E.S.Co. certificate è quasi raddoppiato nel corso del 2016 e, dato per certi versi ancor più interessante, sono molte le utility che hanno aumentato il peso della propria presenza nel settore. La strada per il raggiungimento degli obiettivi europei di efficientamento energetico e riduzione delle emissioni, però, è ancora lunga. E va tenuto alto il livello di attenzione per evitare che l’efficienza energetica diventi troppo presto una commodity sul nostro mercato”.
Le soluzioni di efficienza energetica maggiormente adottate nel 2016 nel settore del residenziale sono state le pompe di calore, l’illuminazione e le superfici opache, che da sole hanno rappresentato oltre il 50% degli investimenti complessivi del comparto.
Quelle maggiormente adottate nel comparto industriale nel 2016 sono state invece gli impianti di cogenerazione ed i sistemi di combustione efficienti, con investimenti rispettivamente di 586 milioni e 482 milioni di euro.

Secondo il Rapporto, il ruolo delle E.S.Co.ad oggi è ancora minoritario in tutti i comparti. La soluzione tecnologica che sembra trainarne lo sviluppo è la cogenerazione, di cui detengono il 40% del mercato e che veicola il 30% degli investimenti da esse realizzati. Gli interventi di efficientamento di impianti di illuminazione invece pesano per oltre il 20% sugli investimenti delle ESCo, ma queste riescono a intercettare solamente il 17% del mercato: a un notevole peso nel fatturato non corrisponde dunque un’ampia presa sul mercato e questo potrebbe rappresentare un problema nel medio-lungo termine.
Un trend interessante riguarda poi l’aumento del peso delle utility nell’offerta di servizi di efficienza energetica.
“L’ingresso delle big dell’energia nei servizi di efficienza energetica è indubbiamente una minaccia per il resto delle ESCo, soprattutto quelle nate esclusivamente per fare questo mestiere – ha commentato Chiesa – Le utility possono infatti sfruttare la disponibilità di capitali e la capillarità che deriva loro dalla vendita del vettore energetico per aggredire in maniera efficace sia il mondo industriale che quello residenziale. Tuttavia, essendo ancora ‘giovani’ nel campo dell’efficienza energetica, non hanno sviluppato competenze specifiche. È in quest’ottica che il connubio tra ESCo e utility consentirebbe a entrambi di colmare le lacune, sfruttare i rispettivi punti di forza e trasformarsi in un volano per lo sviluppo con un processo di concentrazione di cui oggi si vedono solo le prime avvisaglie”.


Il Report contiene un’interessante analisi sui Piani d’azione per l’energia sostenibile (PAES) dei Comuni italiani con oltre 100.000 abitanti per valutarne il livello di diffusione e il loro stato di avanzamento relativamente all’efficienza energetica. Oltre l’80% delle città che hanno aderito al Patto dei Sindaci ha presentato un PAES. Di queste, il 63% è già nella fase di monitoraggio dei risultati e il 16% ha fatto un ulteriore passo, integrando nei propri obiettivi anche la definizione delle azioni chiave per l’adattamento ai cambiamenti climatici.
I PAES delle 38 città del campione prevedevano di investire circa 4,9 miliardi di euro e realizzare 300 azioni, ma attualmente – in media a 4 anni dall’approvazione – ne sono state realizzate solo 144 (48%) e se si analizzano gli investimenti la situazione è ancora meno “brillante”: appena 1,1 miliardi di euro, il 23% della quota prevista.
“La propensione dei Comuni italiani verso i PAES sembra essere al momento solo di facciata, senza aggredire in maniera decisa il problema dell’efficientamento energetico – ha sottolineato Chiesa – La mancanza di fondi e la ridotta diffusione di meccanismi virtuosi di finanziamento quali i PPP (partenariati pubblico-privati) sono alla base di questa situazione. Va tuttavia sottolineato come, almeno sulla carta, vi sia nel nostro Paese una pianificazione piuttosto capillare ed estesa di interventi di efficientamento energetico, un patrimonio importante da cui partire”.
Un altro aspetto approfondito nel Rapporto è la diffusione nel sistema industriale della cultura dell’efficienza energetica.

Quasi l’80% delle imprese che ha sostenuto investimenti in efficienza energetica nel corso del 2016 ha realizzato gli interventi internamente. Nelle PMI questo è legato soprattutto ad una diffidenza piuttosto radicata verso i soggetti esterni e alla volontà di proteggere il know how critico. Per le grandi imprese invece si tratta di risparmiare sui costi. La quasi totalità del comparto industriale lamenta però una certa inadeguatezza nelle competenze tecniche dei soggetti esterni che si potrebbero occupare della realizzazione di interventi di efficienza energetica.
“Sette imprese su 10 hanno realizzato progetti di efficienza energetica nell’ultimo anno e la maggior parte dichiara di avere incrementato i propri investimenti -ha precisato il Direttore dell’E&S Group – Gli interventi di efficienza energetica stanno gradualmente assumendo un ruolo strategico per lo sviluppo dell’impresa e il consumo energetico sta divenendo un driver di valutazione della vita utile residua di un asset: un macchinario viene considerato obsolescente quando inizia a far registrare consumi più elevati dello standard e ciò rappresenta sicuramente un cambiamento di paradigma importante”
Per quanto attiene la diffusione degli edifici a energia quasi zero (NZEB) in Italia, il cui obbligo secondo la Direttiva 31/2010/ UE che impone agli Stati membri di abbatterne i consumi, scatta dal 1° gennaio 2019 per gli edifici pubblici e dal 1° gennaio 2021 per gli edifici privati di nuova costruzione o oggetto di specifici interventi di riqualificazione, il loro numero è compreso tra “solo” 650 e 850 unità, di cui circa il 93% a uso residenziale. L’attenzione verso gli NZEB, secondo il Rapporto, ha una chiara focalizzazione territoriale: appena 3 regioni (Trentino Alto Adige, Lombardia e in misura minore Veneto) mostrano i primi segni del fenomeno e tuttavia in Lombardia gli edifici NZEB costruiti a partire dal 1 gennaio 2016, quando è scattata l’obbligatorietà, rappresentano solo il 3% del totale, è la causa principale sarebbe la sostenibilità economica. Nonostante infatti gli importanti benefici in termini di consumi, i tempi di ritorno degli investimenti non sarebbero accettabili: tra 30 e 40 anni per gli edifici ad uso ufficio e per una villetta residenziale addirittura oltre la vita utile della costruzione. L’extra costo degli edifici NZEB rende dunque tale paradigma ancora lontano dal poter essere definito economicamente conveniente.

Infine, il Rapporto analizza i Titoli di efficienza energetica (TEE) dei quali dal momento della loro attivazione nel 2006 ne sono stati riconosciuti 41,7 milioni di corrispondenti a 23,8 Mtep di risparmio energetico, il 13% nel 2016, mostrando un trend crescente nell’utilizzo del meccanismo.
Chi ha tratto vantaggio dal meccanismo dei TEE sono gli attori della filiera italiana dell’efficienza energetica e le utenze energetiche, che hanno ottenuto un beneficio netto rispettivamente pari a 3,7 e 4,9 miliardi di euro. Gli attori che invece registrano un “saldo” negativo sono lo Stato e le Utility, rispettivamente pari a -1,4 e -5,1 miliardi di euro. Dal punto di vista del Sistema Paese nel suo complesso, il meccanismo dei TEE ha generato un beneficio netto pari ad oltre 2,1 miliardi dalla sua entrata in vigore, corrispondente a circa 50 euro per ogni TEE emesso.
“Complessivamente quindi si può affermare che lo Stato, introducendo il meccanismo dei TEE, abbia svolto una funzione di redistributore e attivatore del sistema economico permettendo, a fronte di un saldo negativo per se stesso e per le utility, la creazione di una filiera nazionale dell’efficienza energetica -ha concluso Chiesa – Provocatoriamente ci si potrebbe chiedere se si sarebbero registrati gli stessi benefici qualora non ci fossero stati gli esborsi dello Stato legati al meccanismo dei TEE, che ha avuto un impatto molto forte nella diffusione della cultura dell’efficienza nel tessuto industriale. In particolare, l’introduzione dei TEE ha permesso di ridurre i tempi di ritorno degli investimenti, che è una delle principali barriere che ostacolano la realizzazione di misure di efficienza energetica”.

 

 Fonte: http://www.regionieambiente.it/it/articoli/filiera-efficienza-energetica-italiana